Avete presente quando mettete i sogni nel cassetto e aspettate che un giorno li possiate aprire???
Ecco questi sono i sogni che avevo messo nel cassetto e li ho aperti…
Si tratta di trekking impegnativi di uno o più giorni, di traversate ad alta quota, sono quelli in cui si cerca di sfidare se stessi e testare il proprio limite.
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MONTE VIOZ quota 3645
L’avevo messo nel cassetto per il 2012 ma ancora non mi si era presentata l’occasione.
Questo trekking è stato organizzato dai nostri corsisti uscenti dal corso di Escursionismo Base della Scuola Sezionale di Escursionismo “A. Fogar” del C.A.I. di Cesena.
Era tutto pronto, l’organizzazione programmata dai corsisti era eccellente!
E’ venerdi pomeriggio, il caldo è soffocante, tutti non vedono l’ora di partire … tutti siamo già con la testa lassù …
Arriviamo presso il paese di Peio, verso sera, ceniamo e ci rintaniamo nelle camere mentre fuori il tempo lampeggia!
Siamo pronti! Partiamo da dietro la chiesa e tenendo la strada asfaltata, inizialmente, poi prendiamo il sentiero n° 105 che ci conduce a Malga Saline. Le nuvole si compattano, si abbassano e cosi incomincia a piovere.
Si continua a salire sotto la pioggia che si fa sempre più battente e non mancano lampi e tuoni!!!
La nostra salita procede sui prati dei Filon degli Uomini … Tra acqua da sopra e acqua di sotto mi sembra di nuotare i miei stessi indumenti … siamo molli!
Allora valutiamo la possibilità di ridiscendere verso il Rifugio Doss dei Gembri per asciugarci e rifocillarci … Ottima idea!
Salita lungo i prati |
Uno squarcio di luce |
Lungo il sentiero |
Sulla cresta del sentiero |
Quota 3200 |
Arrivati al rifugio |
Dopo circa un’ora di riposo e asciugamenti vari, ripartiamo prendendo il sentiero n°139 che si ricollegherà al 105. Il tempo intanto ha smesso di piovere.
Abbandoniamo i prati per procedere su sentiero roccioso, solo il pietrame si stende sotto i piedi e alla nostra visuale.
Finalmente tocchiamo la quota 3000 e adesso incomincia la vera ascesa…
Il sentiero continua in maniera tortuosa ad alzarsi; le rocce scure di questa montagna entrano subito in contrasto con il biancore delle nuvole che ci circonda.
Quota 3200. Non sento ancora la fatica ma il passo del gruppo rallenta.
Senza accorge mene e non ricordo nemmeno da quando, il mio corpo incomincia a rallentare, sta cambiando qualcosa dentro. Tutto batte più forte, la testa mi scoppia ad ogni passo che faccio e dentro sento comprimermi. Sono nel pieno dei sintomi del mal di montagna.
Le pause si fanno sempre più frequenti e il freddo di certo non aiuta!
Da lontano si vede la punta di qualcosa, non è una cima! Ecco ora si vede una croce in legno … Calpestiamo i primi tratti di neve e come dal nulla sbuca fuori il Rifugio Mantova al Vioz a quota 3535 metri! Siamo arrivati!
A cena ci rifocilliamo un po’ e sembra che la testa si stia rimettendo a posto, in realtà tornerà a lamentarsi in nottata.
Alle 5.00 la sveglia suona. Ecco alcuni di noi si vestono e ci prepariamo per affrontare l’ultima meta: il Monte Vioz con la sua alba.
Il freddo di fuori è davvero pungente e ci incamminiamo dietro al rifugio, seguendo le tracce di sentiero a volte sdrucciolevole e coperto di neve ghiacciata.
Mi accorgo che il mal di testa è sparito ma le dita non le sento più!!
Affrontiamo gli ultimi passi, attraversando una cresta innevata, superiamo qualche roccia e … ecco siamo in vetta a quota 3645. Ora non ci rimane che sederci vicini e aspettare l’alba di un nuovo giorno, Tutto diventa roseo e si tinge del calore del sole… che spettacolo!!!
Alba sul Vioz |
Quota raggiunta |
Vista dal Monte Vioz |
Panorama |
La cima |
Tutto si tinge di rosa |
Riscendiamo cosi lungo il sentiero e torniamo al rifugio.
Dopo la colazione, siamo pronti per ripartire tutti insieme e scendere verso valle.
Per un tratto ripercorriamo il sentiero n°105, poi giriamo a destra, per un sentiero nuovo, palettato che indica Peio 3000.
Scendiamo lungo la pietraia e seguendo i paletti ci congiungiamo al sentiero 138. Arrivati al Rif. Doss dei Gembri, effettuiamo una pausa pranzo.
Sembrava che il tempo promettesse bene, invece le nuvole tornano a circondarci. Riprendiamo la camminata e dopo tanta discesa con i piedi distrutti arriviamo a Peio.
Fantastica avventura!
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GRAN TREK LINARO
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GRAN TREK LINARO
Era da tempo che ricercavo una nuova sfida...e stavolta l'ho trovata proprio a pochi passi da casa e più precisamente nel primo Appennino Cesenate a Linaro. Si chiama Gran Trek di Linaro: GTL con 30 kilometri e 2000 metri di dislivello totale!
Sabato 19 Luglio, ore 5.50 suona la sveglia! Ancora un po' assonnato esco di casa e già sento un'aria non molto gradevole. Nonostante l'orario il sole incomincia a far capire quali siano le sue intenzioni e pure l'umidità non scherza...
Alle 7.45 circa siamo al Parcheggio di Piavola (poco distante da Cesena) pronti per partire, io e una banda di matti, chi facente parte del CAI di Cesena e chi praticante di Nordic Walking.
Prendiamo da subito una strada bianca che si inoltra in piena collina, da qui fino alla fine dovremmo toccare 6 colli, e il primo pezzo mi dicono che è soprannominato "il deserto". Il sole delle 8.00 picchia sulle nostre teste e non c'è un albero neanche a pagarlo! Solo campi di grano e distese di vigneti su questi colli argillosi...
Il gruppo è bello compatto, e tra una chiacchera e l'altra si supera il primo (con sosta foto d'obbligo) e il secondo colle...
Il bello di questa "sfida" dei 30 km è il fatto che non ci troviamo in quota come può essere ad esempio in Dolomiti o in altre parte delle Alpi o Appennini dove il percorso solitamente prevede una salita lunga e costante e poi solo discesa; qua nelle nostre colline è tutto un sali e scendi. Questo non ti permette mai di trovare un'andatura costante o di rompere il fiato per bene. Da aumentare la difficolta è senz'altro il clima: caldo e umido!
Quindi finita la discesa si risale in direzione Pieve di Rivoschio, da dove passa anche il famoso Cammino di San Vicinio, qui ne aproffittiamo per fare una piccola pausa, e sempre qui terminano i primi 10 km.
Si riparte scendendo e inoltrandoci nel bosco, finalmente un po' di ombra!
Continua il nostro sali e scendi...si alternano tratti in falso piano a tratti ripidi in salita e poi ancora in discesa...Quando il bosco lo permette si apre davanti a noi un paesaggio spettacolare delle nostre colline, e mi rendo conto che spesso mi dimentico di questi posti proprio dietro casa.
Attraversiamo un campo di grano che è stato appena mietuto, ci abbassiamo e arriviamo davanti alla casa di Serafino, cosi mi dicono che si chiama. E' un signore di 70 anni e passa, dicono che non si ricorda nemmeno lui quanti anni ha...Con la sua semplicità e felice di vedere delle persone che lo passano a salutare (la sua casa è, possiamo dire sperduta, rispetto alla strada principale) ci offre da bere. Serafino è veramente un personaggio, perchè vive ancora come se il suo tempo non fosse cambiato, lui al ventunesimo secolo non è ancora arrivato e forse non ci arriverà mai. Il suo orto tutto in ordine, la casa in pietra, niente illuminazione sulla strada che lo collegherebbe a quella principale, una fontana esterna dove noto che lava ancora i panni come una volta.
Salutatolo, ci riavviamo, scendiamo e poi risaliamo per un sentiero ripido e tortuoso.
Siamo arrivati al quarto colle e da qui si scende verso Linaro, 20km, dove ci fermiamo presso il Ristorante Pas l'osc, dove degustiamo degli ottimi Tortelli con galletti, tagliatelle con gli stridoli e altri tortelli con i porcini.
Dopo questa pausa ci riavviamo, inoltrandoci verso il Rio Cavo. In fondo a questa valle si risale su per il quinto colle. Il caldo non cede e incomincio a sentire i primi problemi al ginocchio sinistro esterno (per colpa di una discesa fatta tre domeniche prima).
Giungiamo finalmente al sesto e ultimo colle, da qui si scende e si scende verso Linaro!
Affaticati e con un pizzico di soddisfazione arriviamo a quota 30 km! E qui ci assaporiamo una buona birra per reintegrare i liquidi persi!
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Lungo il sentiero incontriamo molti pastori con i loro greggi di pecore e subito mi viene da pensare come possa essere difficile lavorare in quegli ambienti severi. Penso sempre alla montagna quando è baciata dal sole, ma dimentico sempre il suo lato severo, fatta dall’asperità del territorio, dalle giornate buie e fredde. E’ una scelta di vita dura quella del pastore, ma se non ci fosse questa tipologia di attività, ovvero l’alpeggio, l’economia di montagna non andrebbe avanti.
Il sole sopra di noi splende o quasi, arriviamo finalmente ai due bivacchi; uno molto grande e un altro di fianco più raccolto e scegliamo questo perché il calore della stufa si sarebbe disperso di meno. Pranziamo con le nostre adorate buste di risotto.
La sveglia suona alle 7.00 e incuriositi dal tempo scorgiamo il naso di fuori…poteva essere meglio come poteva essere peggio!
Sabato 19 Luglio, ore 5.50 suona la sveglia! Ancora un po' assonnato esco di casa e già sento un'aria non molto gradevole. Nonostante l'orario il sole incomincia a far capire quali siano le sue intenzioni e pure l'umidità non scherza...
Alle 7.45 circa siamo al Parcheggio di Piavola (poco distante da Cesena) pronti per partire, io e una banda di matti, chi facente parte del CAI di Cesena e chi praticante di Nordic Walking.
Prendiamo da subito una strada bianca che si inoltra in piena collina, da qui fino alla fine dovremmo toccare 6 colli, e il primo pezzo mi dicono che è soprannominato "il deserto". Il sole delle 8.00 picchia sulle nostre teste e non c'è un albero neanche a pagarlo! Solo campi di grano e distese di vigneti su questi colli argillosi...
Il gruppo è bello compatto, e tra una chiacchera e l'altra si supera il primo (con sosta foto d'obbligo) e il secondo colle...
Il bello di questa "sfida" dei 30 km è il fatto che non ci troviamo in quota come può essere ad esempio in Dolomiti o in altre parte delle Alpi o Appennini dove il percorso solitamente prevede una salita lunga e costante e poi solo discesa; qua nelle nostre colline è tutto un sali e scendi. Questo non ti permette mai di trovare un'andatura costante o di rompere il fiato per bene. Da aumentare la difficolta è senz'altro il clima: caldo e umido!
Quindi finita la discesa si risale in direzione Pieve di Rivoschio, da dove passa anche il famoso Cammino di San Vicinio, qui ne aproffittiamo per fare una piccola pausa, e sempre qui terminano i primi 10 km.
Si riparte scendendo e inoltrandoci nel bosco, finalmente un po' di ombra!
Continua il nostro sali e scendi...si alternano tratti in falso piano a tratti ripidi in salita e poi ancora in discesa...Quando il bosco lo permette si apre davanti a noi un paesaggio spettacolare delle nostre colline, e mi rendo conto che spesso mi dimentico di questi posti proprio dietro casa.
Attraversiamo un campo di grano che è stato appena mietuto, ci abbassiamo e arriviamo davanti alla casa di Serafino, cosi mi dicono che si chiama. E' un signore di 70 anni e passa, dicono che non si ricorda nemmeno lui quanti anni ha...Con la sua semplicità e felice di vedere delle persone che lo passano a salutare (la sua casa è, possiamo dire sperduta, rispetto alla strada principale) ci offre da bere. Serafino è veramente un personaggio, perchè vive ancora come se il suo tempo non fosse cambiato, lui al ventunesimo secolo non è ancora arrivato e forse non ci arriverà mai. Il suo orto tutto in ordine, la casa in pietra, niente illuminazione sulla strada che lo collegherebbe a quella principale, una fontana esterna dove noto che lava ancora i panni come una volta.
Salutatolo, ci riavviamo, scendiamo e poi risaliamo per un sentiero ripido e tortuoso.
Siamo arrivati al quarto colle e da qui si scende verso Linaro, 20km, dove ci fermiamo presso il Ristorante Pas l'osc, dove degustiamo degli ottimi Tortelli con galletti, tagliatelle con gli stridoli e altri tortelli con i porcini.
Dopo questa pausa ci riavviamo, inoltrandoci verso il Rio Cavo. In fondo a questa valle si risale su per il quinto colle. Il caldo non cede e incomincio a sentire i primi problemi al ginocchio sinistro esterno (per colpa di una discesa fatta tre domeniche prima).
Giungiamo finalmente al sesto e ultimo colle, da qui si scende e si scende verso Linaro!
Affaticati e con un pizzico di soddisfazione arriviamo a quota 30 km! E qui ci assaporiamo una buona birra per reintegrare i liquidi persi!
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TRANSLAGORAI
La
TransLagorai è un lungo trekking che attraversa tutta la catena montuosa del
Lagorai, situata in Trentino e più precisamente parte da Panarotta, sopra a
Levico Terme, e termina al Passo Rolle, sopra a San Martino di Castrozza.
E’
un’ itinerario impegnativo che prevede un dislivello complessivo di circa 10000
metri e resta sempre sopra ai 2000 metri di quota.
Io
insieme al mio compagno di avventure Tex, decidiamo di suddividere il percorso
in 7 tappe, pernottando in due rifugi (Sette Selle e Cauriol) e in quattro bivacchi.
Era
da tempo che volevo intraprendere una attraversata ma non ero mai riuscito
prima, ora l’opportunità c’era ed ero pronto ad incominciare questa avventura!
Credo
che l’avventura inizi nel momento poco prima di effettuarla, quando sei a casa
che organizzi a tavolino il percorso sulla cartina, e ti accingi a fare la
lista di ciò che occorre e a pensare sull’organizzazione dello zaino.
Dopo
aver rifatto lo zaino per ben cinque volte, cava e metti, cava e metti, e dopo aver
ricontrollato che ci sia tutto, capisci allora che il momento si appresta ad
iniziare.
Qui
iniziano a sorgere tutte le perplessità che mai c’erano state prima, come se
qualcuno avesse scoperchiato una botola che mai ti eri accorto che c’era. I
punti interrogativi sono tanti…le previsioni meteo, il peso di tutti quei kg
sulle spalle, il rischio di non trovare posto nei bivacchi, la forza fisica ed
emotiva.
Ma
questi dubbi ora non servono a niente dunque, punto la sveglia e spengo la luce
e con loro anche i pensieri.
PRIMA TAPPA: Panarotta – Rifugio Sette Selle
Dopo
essere arrivati a Levico Terme un bel po’ in ritardo rispetto al programma
(causa traffico in autostrada!) ci dirigiamo verso il nostro punto di partenza,
Panarotta.
Arrivati,
il tempo non è dei migliori ma non ci scoraggiamo e partiamo con tanto
entusiasmo anche se il peso dello zaino si fa subito sentire (14kg).
Attraversiamo
dapprima un bosco e poi in maniera graduale saliamo e raggiungiamo tra le nubi
il Monte Fravort. Incominciano i sali e scendi lungo i pratoni e da subito ci
imbattiamo nei residui bellici della Prima Guerra Mondiale, con trincee,
baracche e postazioni di guerra.
L’asperità
del territorio si vede subito.
Incomincia
anche a piovigginare e le nuvole si abbassano sempre di più, rendendo un po’
triste questo nostro inizio.
Il
nostro cammino ci conduce al Monte Gronlait, poi saliamo e lungo i massi
porfirici che attanagliano il sentiero arriviamo sopra al Lago Erdemolo e
l’omonimo Rifugio che però è chiuso. Noi dobbiamo proseguire, la nostra meta è
quasi vicina e dopo sei ore di cammino iniziamo a sentire una leggera
stanchezza.
Lungo il sentiero incontriamo molti pastori con i loro greggi di pecore e subito mi viene da pensare come possa essere difficile lavorare in quegli ambienti severi. Penso sempre alla montagna quando è baciata dal sole, ma dimentico sempre il suo lato severo, fatta dall’asperità del territorio, dalle giornate buie e fredde. E’ una scelta di vita dura quella del pastore, ma se non ci fosse questa tipologia di attività, ovvero l’alpeggio, l’economia di montagna non andrebbe avanti.
Ora
si scende, ma verso dove? Il nebbione offusca la nostra meta e non ci consente
di guardare lontano.
Siamo
stanchi e le spalle addoloranti…
Incominciano
a comparire i primi alberi e questo i rincuora perché capisco che ci stiamo
avvicinando al Rifugio, le nuvole si dissolvono e finalmente si intravede un
tetto!
Da
qui il momento più eterno, non si arriva
più, si continua a scendere, e preso dalla voglia di arrivare faccio passi troppo
veloci e distesi. Ecco il ginocchio torna a farmi male! Noooo!!
Ultimi
passi, ci siamo, arrivati!
SECONDA TAPPA: Rifugio Sette Selle – Bivacco
A.N.A Telve ai Mangheneti
Dopo
una bella dormita nella mansarda del bivacco, anche se svegliati dal rumore
della pioggia ci alziamo e dopo aver fatto colazione ci incamminiamo per il
secondo giorno. Oggi ci aspettano solo quattro ore e mezza.
Si
sale subito fino al Passo dei Garofani e poi si scende al Passo Palù, si risale
di nuovo verso Monte Conca e in tanto il cielo si rasserena.
Lungo
il percorso osserviamo gli innumerevoli relitti della Grande Guerra e ci risale
subito alla mente le migliaia di vite umane stroncate dalle baionette e dalle
estreme condizioni cui erano sottoposti.
Il
sentiero rimane in mezza costa, poi sale in cresta.
Arriviamo
al Passo Mattio e mi accorgo di aver sbagliato sentiero ovvero dovevamo girare
prima a
destra al Passo Cagnon di Sopra con il 461. Non possiamo tornare indietro dunque ci tocca allungare il percorso di un’ora. Ogni tanto mi fermo per far riposare il ginocchio.
destra al Passo Cagnon di Sopra con il 461. Non possiamo tornare indietro dunque ci tocca allungare il percorso di un’ora. Ogni tanto mi fermo per far riposare il ginocchio.
Non
sembra mancare molto ma ogni tanto mi vengono delle fitte allucinanti al
ginocchio. Qui il morale va a terra perché davanti ci sono ancora cinque giorni
ed iniziano i dubbi con lo sconforto che sale.
Dopo
aver oltrepassato il Passo Cadin, si sale ancora, e poi si incomincia a
scendere e a costeggiare la Cima Bolenga. Da lontano vediamo il Bivacco Telve, non
vedo l’ora di arrivare!
Il sole sopra di noi splende o quasi, arriviamo finalmente ai due bivacchi; uno molto grande e un altro di fianco più raccolto e scegliamo questo perché il calore della stufa si sarebbe disperso di meno. Pranziamo con le nostre adorate buste di risotto.
Stendiamo
i panni da asciugare e ci riposiamo in attesa della sera. Il tempo sembra
peggiorare e le nuvole si addensano.
Arrivano
anche tre ragazzi veneti che si fermano a bivaccare nell’altra struttura. Ci
scambiamo due parole e scopro che anche loro fanno la TransLagorai ma con le
tende.
TERZA TAPPA: Bivacco Telve – Malga Cazzorga
La sveglia suona alle 7.00 e incuriositi dal tempo scorgiamo il naso di fuori…poteva essere meglio come poteva essere peggio!
Ci
incamminiamo sul sentiero che dopo qualche sale e scendi ci porta dopo
un’oretta al Passo Manghen, qui ci fermiamo al Ristorante/Bar e ne
approfittiamo per mangiare una fetta di strudel e un bombardino per scaldare
gli animi. Mi metto a guardare la cartina della Kompass e mi assale un dubbio
perché noi dovremmo dormire al Baito/Ricovero delle Stellune ma mi accorgo che
sotto al Lago omonimo c’è anche
una Malga denominata delle Stellune. Prima di
partire mi ero informato con l’APT della Val di Fiemme per capire se il Baito/Ricovero
fosse agibile per passare la notte, ricevendo una conferma positiva. Ma in quel
momento mi assale il dubbio che non sia la Malga questo comporterebbe dei
cambiamenti logistici perché si trovano in posizioni diverse. Allora proviamo
ad informaci con il gestore del Bar che ci consiglia di scendere fino alla
Malga Cazzorga che sapeva di sicuro che c’era una struttura adibita a bivacco.
Allora
cambiamo percorso e cosi ci tocca perdere quota e scendere per poter passare la
notte in un posto sicuro.
Riprendiamo
il cammino, arriviamo al Lago delle Buse, il sentiero oggi ci lascia respirare
e tranquillamente arriviamo alla Forcella Montalon. Qui le indicazioni ci
dirigono in discesa verso la Malga Cazzorga. Entriamo nel bosco e poi sbuchiamo
in un pratone dove notiamo la Malga. Di fianco alla Malga c’è anche un baito
privato con due persone fuori e chiediamo dove sia il Bivacco, loro ci dicono
che è dietro al loro baito. Ci spostiamo dietro, eccolo! Apriamo la porta e
davanti a noi un vero bivacco spartano: una stanza a piano terra con stufa,
panca e tavolo, di sopra la mansarda con la finestra ma senza finestra.
Proviamo
ad accendere la stufa per mitigare l’ambiente e per un’ora il fumo più
totale!!! Fortuna che dopo si dissolve.
Ci
andiamo a lavare al fiume e anche qualche panno, poi rientriamo e ci cuciniamo una
zuppa e risotto.
Di
fianco alla malga c’è anche un porcile con 3 maiali che ci fanno compagnia
(scappati dalla recinzione) e un cane.
Oggi
abbiamo camminato di meno rispetto al programma stabilito quindi abbiamo molto
tempo prima che si faccia sera, quindi non ci rimane che ammazzare il tempo o
il maiale!
Sappiamo
che domani ci attenderà una giornata dura fatta di 9 ore di cammino e quindi
verso le 20.00 ci infiliamo dentro ai nostri sacchi a pelo, io sopra alla panca
e Tex sopra al tavolo, che comodità!!
QUARTA TAPPA: Malga Cazzorga – Rifugio Cauriol
Oggi
ci aspetta una dura e lunga escursione con circa nove ore di cammino e speriamo
nel tempo!
Ci
svegliamo alle 6.00 e ci prepariamo per affrontare la quarta tappa.
Si
sale subito in direzione Lago delle Stellune e una volta arrivati inizia a
piovere, ci fermiamo per metterci la giacca a vento e i pantaloni antipioggia. Continuiamo a salire
e le nuvole ci avvolgono sempre di più.
Arriviamo
alla Forcella Moena, si sale ancora e poi si scende e si costeggia la parete, i
nostri passi continuano ad alternarsi su grandi blocchi di porfido.
Ogni
tanto sembra che le nuvole vogliano lasciare spazio al sole ma non è cosi!
Proseguiamo
in moderata discesa su evidente sentiero, raggiungendo la Forcella di Lagorai, ma
si riprende subito quota sempre fra enormi massi.
Il sentiero punta ad una accennata valletta che adduce ad un piccolo intaglio della cresta rocciosa nord-ovest del Monte Laste delle Sute. Da qui sono evidenti le prossime 2 ore di attraversata in quota passando per forcelle e vallette rocciose fino alla C. Litegosa.
Il sentiero punta ad una accennata valletta che adduce ad un piccolo intaglio della cresta rocciosa nord-ovest del Monte Laste delle Sute. Da qui sono evidenti le prossime 2 ore di attraversata in quota passando per forcelle e vallette rocciose fino alla C. Litegosa.
Entriamo
in un paesaggio aspro e selvaggio, siamo addentrati nel vero cuore del Lagorai.
Numerosi sono i laghi e gli specchi d’acqua che incontriamo lungo il percorso e
che danno proprio alla catena il caratteristico nome dell’enorme presenza di
questi.
Arriviamo
alla Forcella Litegosa, si scende e poi risaliamo al Bivacco Nada Teatin,
questo bivacco di emergenza incastonato tra la parete. Ci fermiamo per una
breve sosta, abbiamo finito tutte le barrette e il tempo per un risotto non
c’è, dunque decidiamo di fare uno scambio con gli alimenti presenti nella
struttura lasciati da altri escursionisti. Vediamo delle scatolette di tonno e
fagioli, cosi li scambiamo con delle nostre buste di risotti.
Siamo
oltre la metà del percorso ma i dolori al ginocchio sinistro e al garretto
destro si intensificano, solo una cosa ci permette di andare avanti…la birra al
Rifugio!
Un
sentiero interminabile...
Arriviamo
finalmente al Passo Sadole e da qui inizia l’ultima ora di cammino su sentiero
battuto, non più blocchi di porfido!
Dopo
nove ore di cammino siamo veramente distrutti e da lontano intravediamo come
sempre la punta del tetto e subito ci ritorna alla mente la birra.
Arrivati
al rifugio e deposti gli zaini ordiniamo subito due birre medie per
rinfrescarci e poi altre due per reintegrare il liquidi persi!
Qui
rincontriamo i tre ragazzi veneti, ci uniamo, facciamo due chiacchiere e
ceniamo insieme a tavola ordinando come se non ci fosse un domani.
QUINTA TAPPA: Rifugio Cauriol – Bivacco
Coldosé
Dopo
una bella pioggia notturna e con la speranza che abbia scaricato, ci alziamo,
facciamo colazione e ci incamminiamo sotto le nuvole.
Intraprendiamo
subito una ripida salita in mezzo al bosco che ci porta velocemente a quota
2000 metri e il sentiero ci conduce alla Forcella Canzanegol. Le nuvole
aumentano e ci avvolgono completamente, intanto i
3 ragazzi veneti ci superano.
3 ragazzi veneti ci superano.
Sapendo
che più avanti c’è il Bivacco Coldosé, propongo al mio amico di fermarci li per
mangiare un boccone e scaldarci un po’. Come non detto poco dopo inizia ad
alzarsi il vento e a piovere. Allunghiamo il passo e arriviamo al Bivacco.
Neanche entrati, di fuori si scatena l’inferno, vento, pioggia e tuoni.
Il
Bivacco di recente costruzione, è un super bivacco, tutto in legno, con la
stufa, tavolo, panche, dieci posti letto ed è munito anche di elettricità
grazie al pannello solare!
Ora
siamo qui dentro e aspettiamo che si calmi un po’ o smetta. Mentre sto
scrivendo queste memorie sul mio taccuino, sento bussare e corro subito ad
aprire. Davanti a me un pastore che come noi cercava un riparo dall’intemperie
che si stava scatenando fuori. Mi racconta che è con le sue pecore e i cani,
poi si mette in silenzio, si immobilizza quasi per paura di far sentire la sua
presenza. Dopo mezz’ora decide di ripartire e ci saluta.
Il
tempo si sta schiarendo, fuori si placa la tempesta ma decidiamo di trascorrere
la notte qui.
Appena
le nuvole tendono a dissolversi, davanti a noi compare la splendida Cima
D’Asta!
SESTA TAPPA: Bivacco Coldosé – Bivacco Aldo
Moro
Oggi
ci aspettano oltre alle quattro ore anche le due ore di ieri che ci avrebbero
condotto al Bivacco Paolo e Nicola.
Il
cielo sembra tenere, fuori vediamo in tutto il suo splendore la Cima D’Asta.
Risaliamo
alla Forcella Coldosé e prendiamo il 349 verso la Forcella Moregna. Il tempo
cambia subito e la speranza del bel tempo svanisce all’istante.
Si
scende per poi risalire al Lago Brutto, questo splendido specchio d’acqua
alpestre incastonato tra la Cima Moregna e Coltorondo; risaliamo lungo il
sentiero detritico che poi sparisce tra il nevaio. Notiamo da lontano un segno
su un masso, allora cerchiamo di tagliare il nevaio per ritornare sul percorso.
Poco dopo arriviamo sulla forcella Moregna. Qui si alza il vento e incomincia
una leggera pioggia ghiacciata.
Scendiamo
e costeggiamo a mezza costa la Cima di Valmaggiore.
Il
sentiero ci conduce al Bivacco Paolo e Nicola, entriamo e ci prepariamo un po’
di The caldo e un Ginseng.
Da
qui a quattro ore di distanza ci sarebbe stato il nostro bivacco per la notte.
Il
nostro cammino continua tra l’eterno nebbione e il pietrume del Lagorai; ora
aggiriamo la Cima di Cece con eventuale possibilità di ascesa alla cima, ma
tenendo conto del’ulteriore tempo aggiuntivo e la scarsa visibilità decidiamo
che non ne vale la pena.
Tra
grossi blocchi di porfido continua il viaggio, la fatica e il peso dei giorni
passati incomincia a farsi sentire. E quando pensi che sei arrivato è li che
comincia la parte più dura. Il continuo sali e scendi ci massacra le spalle e
le ginocchia.
Costeggiamo
la Cima Valbona e Vallon ed attraversiamo qualche nevaio ancora presente.
Ora
saliamo e come d’un tratto spunta un puntino rosso…ecco la nostra scatola di
latta! Il bivacco…
Sembra
vicino ma ancora ci tocca fare dei continui sali e scendi su quei maledetti
blocchi!
Le
ginocchia sembrano non tenere più il peso del corpo, ogni alzata su un masso è
pesante e lento. Ecco gli ultimi passi e arriviamo al Bivacco Aldo Moro.
Sapevo
già cosa ci aspettava, infatti entro e subito mi arriva un odore di stantio.
Dentro c’è un tavolo e 9 posti letto, tutto ridotto al minimo indispensabile.
Ci
cambiamo gli indumenti bagnati, il freddo ci attanaglia soprattutto i piedi e
di certo la comodità della struttura non aiuta. Prepariamo subito 3 buste di
risotti!
Attendiamo
che si faccia sera e ogni tanto scorgo fuori la testa per vedere se sono
sparite le nuvole.
La
luce cala e con lei anche la temperatura (dentro 11°C e fuori 4°C) non ci
rimane che infilarci dentro ai sacchi a pelo e dormire.
SETTIMA TAPPA: Bivacco Aldo Moro – Passo Rolle
Sbuco
con la testa fuori dal sacco a pelo, brrrr…che freddo e umido!
Via
bisogna alzarsi! 3..2..1..sù!
Ci
prepariamo e visto che abbiamo finito tutti i biscotti e le barrette non ci
rimane che far colazione con una fantastica zuppa di legumi.
Zaino
in spalla, ci incamminiamo per le ultime quattro ore che ci condurranno al
termine di questa impresa al Passo Rolle.
Neanche
dopo 10 minuti dalla partenza, le nuvole si addensano, e inizia un leggero
nevischio. Questo nevischio aumenta fino a diventare una propria nevicata di
ferragosto!
Dopo
sei giorni di cammino siamo allo stremo
delle forze e ora tutta in discesa su quei blocchi di sasso che spaccano le
gambe.
La
stanchezza si fa sentire sempre di più, le scivolate e i cedimenti aumentano e
sopra di noi i fiocchi continuano a cadere.
Tra
il nebbione si intravedono laggiù i Laghi di Colbriccon. Si continua a scendere
sul sentiero che diventa un ruscello d’acqua.
La
neve non smette e con i piedi molli cerchiamo di tenere duro, il sentiero
lascia i sassi del Lagorai e si infila nei pratoni.
Il
corpo va avanti da solo…
Eccolo!
Il Rifugio Colbriccon! Ci fermiamo per rifocillarci con un bel piatto di
polenta, krauti, wurstel e carré affumicato…che bontà il cibo trentino!
Attendiamo
che smetta e cosi ci rimettiamo in cammino verso l’ultimo tratto di percorso
che attraversa tutto il bosco per sbucare
al Passo Rolle. Il bosco si apre e davanti a noi la strada provinciale
del Passo Rolle, siamo arrivati!
Come
d’incanto sbuca all’improvviso una palla gialla misteriosa in cielo…è il sole!
E con lui ci illumina le bellissime Pale di San Martino con primo piano il
Cimon della Pala.
Ce
l’abbiamo fatta!
Camminiamo
sull’asfalto e ci dirigiamo verso l’albergo/rifugio Capanna Cervino, dove
pernottiamo e aspettiamo l’indomani per prendere gli autobus per tornare al
punto di partenza.
Ci
godiamo gli ultimi istanti ammirando l’incredibile bellezza di queste terre
alte che si mostrano e poi si nascondono con le ultime nuvole di passaggio come
se volessero attrarre verso di loro quella sorta di mistero.
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