Trek plus


Avete presente quando mettete i sogni nel cassetto e aspettate che un giorno li possiate aprire???
Ecco questi sono i sogni che avevo messo nel cassetto e li ho aperti…
Si tratta di trekking impegnativi di uno o più giorni, di traversate ad alta quota, sono  quelli in cui si cerca di sfidare se stessi e testare il proprio limite.

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MONTE VIOZ quota 3645

L’avevo messo nel cassetto per il 2012 ma ancora non mi si era presentata l’occasione.
Questo trekking è stato organizzato dai nostri corsisti uscenti dal corso di Escursionismo Base della Scuola Sezionale di Escursionismo “A. Fogar” del C.A.I. di Cesena.
Era tutto pronto, l’organizzazione programmata dai corsisti era eccellente!
E’ venerdi pomeriggio, il caldo è soffocante, tutti non vedono l’ora di partire … tutti siamo già con la testa lassù …
Arriviamo presso il paese di Peio, verso sera, ceniamo e ci rintaniamo nelle camere mentre fuori il tempo lampeggia!
Il giorno seguente, il tempo non è dei migliori ma l’animo del gruppo è acceso.
Siamo pronti! Partiamo da dietro la chiesa e tenendo la strada asfaltata, inizialmente, poi prendiamo il sentiero n° 105 che ci conduce a Malga Saline. Le nuvole si compattano, si abbassano e cosi incomincia a piovere.
Si continua a salire sotto la pioggia che si fa sempre più battente e non mancano lampi e tuoni!!!
La nostra salita procede sui prati dei Filon degli Uomini … Tra acqua da sopra e acqua di sotto mi sembra di nuotare i miei stessi indumenti …  siamo molli!
Allora valutiamo la possibilità di ridiscendere verso il Rifugio Doss dei Gembri per asciugarci e rifocillarci … Ottima idea!
Salita lungo i prati

Uno squarcio di luce

Lungo il sentiero



Sulla cresta del sentiero



Quota 3200








Arrivati al rifugio






Dopo circa un’ora di riposo e asciugamenti vari, ripartiamo prendendo il sentiero n°139 che si ricollegherà al 105. Il tempo intanto ha smesso di piovere.
Abbandoniamo i prati per procedere su sentiero roccioso, solo il pietrame si stende sotto i piedi e alla nostra visuale.
Finalmente tocchiamo la quota 3000 e adesso incomincia la vera ascesa…
Il sentiero continua in maniera tortuosa ad alzarsi; le rocce scure di questa montagna entrano subito in contrasto con il biancore delle nuvole che ci circonda.
Quota 3200. Non sento ancora la fatica ma il passo del gruppo rallenta.
Senza accorge mene e non ricordo nemmeno da quando, il mio corpo incomincia a rallentare, sta cambiando qualcosa dentro. Tutto batte più forte, la testa mi scoppia ad ogni passo che faccio e dentro sento comprimermi. Sono nel pieno dei sintomi del mal di montagna.
Le pause si fanno sempre più frequenti  e il freddo di certo non aiuta!
Da lontano si vede la punta di qualcosa, non è una cima! Ecco ora si vede una croce in legno … Calpestiamo i primi tratti di neve e come dal nulla sbuca fuori il Rifugio Mantova al Vioz a quota 3535 metri! Siamo arrivati!
A cena ci rifocilliamo un po’ e sembra che la testa si stia rimettendo a posto, in realtà tornerà a lamentarsi in nottata.
Alle 5.00 la sveglia suona. Ecco alcuni di noi si vestono e ci prepariamo per affrontare l’ultima meta: il Monte Vioz con la sua alba.
Il freddo di fuori è davvero pungente e ci incamminiamo dietro al rifugio, seguendo le tracce di sentiero a volte sdrucciolevole e coperto di neve ghiacciata.
Mi accorgo che il mal di testa è sparito ma le dita non le sento più!!
Affrontiamo gli ultimi passi, attraversando una cresta innevata, superiamo qualche roccia e … ecco siamo in vetta a quota 3645. Ora non ci rimane che sederci vicini e aspettare l’alba di un nuovo giorno, Tutto diventa roseo e si tinge del calore del sole… che spettacolo!!!

Alba sul Vioz
Quota raggiunta











Vista dal Monte Vioz
Panorama










La cima
Tutto si tinge di rosa











Riscendiamo cosi lungo il sentiero e torniamo al rifugio.
Dopo la colazione, siamo pronti per ripartire tutti insieme e scendere verso valle.
Per un tratto ripercorriamo il sentiero n°105, poi giriamo a destra, per un sentiero nuovo, palettato che indica Peio 3000.
Scendiamo lungo la pietraia e seguendo i paletti ci congiungiamo al sentiero 138. Arrivati al Rif. Doss dei Gembri, effettuiamo una pausa pranzo.
Sembrava che il tempo promettesse bene, invece le nuvole tornano a circondarci. Riprendiamo la camminata e dopo tanta discesa con i piedi distrutti arriviamo a Peio.
Fantastica avventura!



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GRAN TREK LINARO
Era da tempo che ricercavo una nuova sfida...e stavolta l'ho trovata proprio a pochi passi da casa e più precisamente nel primo Appennino Cesenate a Linaro. Si chiama Gran Trek di Linaro: GTL con 30 kilometri e 2000 metri di dislivello totale!
Sabato 19 Luglio, ore 5.50 suona la sveglia! Ancora un po' assonnato esco di casa e già sento un'aria non molto gradevole. Nonostante l'orario il sole incomincia a far capire quali siano le sue intenzioni e pure l'umidità non scherza...
Alle 7.45 circa siamo al Parcheggio di Piavola (poco distante da Cesena) pronti per partire, io e una banda di matti, chi facente parte del CAI di Cesena e chi praticante di Nordic Walking.
Prendiamo da subito una strada bianca che si inoltra in piena collina, da qui fino alla fine dovremmo toccare 6 colli, e il primo pezzo mi dicono che è soprannominato "il deserto". Il sole delle 8.00 picchia sulle nostre teste e non c'è un albero neanche a pagarlo! Solo campi di grano e distese di vigneti su questi colli argillosi...
Il gruppo è bello compatto, e tra una chiacchera e l'altra si supera il primo (con sosta foto d'obbligo) e il secondo colle...
Il bello di questa "sfida" dei 30 km è il fatto che non ci troviamo in quota come può essere ad esempio in Dolomiti o in altre parte delle Alpi o Appennini dove il percorso solitamente prevede una salita lunga e costante e poi solo discesa; qua nelle nostre colline è tutto un sali e scendi. Questo non ti permette mai di trovare un'andatura costante o di rompere il fiato per bene. Da aumentare la difficolta è senz'altro il clima: caldo e umido!
Quindi finita la discesa si risale in direzione Pieve di Rivoschio, da dove passa anche il famoso Cammino di San Vicinio, qui ne aproffittiamo per fare una piccola pausa, e sempre qui terminano i primi 10 km.
Si riparte scendendo e inoltrandoci nel bosco, finalmente un po' di ombra!
Continua il nostro sali e scendi...si alternano tratti in falso piano a tratti ripidi in salita e poi ancora in discesa...Quando il bosco lo permette si apre davanti a noi un paesaggio spettacolare delle nostre colline, e mi rendo conto che spesso mi dimentico di questi posti proprio dietro casa.
Attraversiamo un campo di grano che è stato appena mietuto, ci abbassiamo e arriviamo davanti alla casa di Serafino, cosi mi dicono che si chiama. E' un signore di 70 anni e passa, dicono che non si ricorda nemmeno lui quanti anni ha...Con la sua semplicità e felice di vedere delle persone che lo passano a salutare (la sua casa è, possiamo dire sperduta, rispetto alla strada principale) ci offre da bere. Serafino è veramente un personaggio, perchè vive ancora come se il suo tempo non fosse cambiato, lui al ventunesimo secolo non è ancora arrivato e forse non ci arriverà mai. Il suo orto tutto in ordine, la casa in pietra, niente illuminazione sulla strada che lo collegherebbe a quella principale, una fontana esterna dove noto che lava ancora i panni come una volta.
Salutatolo, ci riavviamo, scendiamo e poi risaliamo per un sentiero ripido e tortuoso.
Siamo arrivati al quarto colle e da qui si scende verso Linaro, 20km, dove ci fermiamo presso il Ristorante Pas l'osc, dove degustiamo degli ottimi Tortelli con galletti, tagliatelle con gli stridoli e altri tortelli con i porcini.
Dopo questa pausa ci riavviamo, inoltrandoci verso il Rio Cavo. In fondo a questa valle si risale su per il quinto colle. Il caldo non cede e incomincio a sentire i primi problemi al ginocchio sinistro esterno (per colpa di una discesa fatta tre domeniche prima).
Giungiamo finalmente al sesto e ultimo colle, da qui si scende e si scende verso Linaro!
Affaticati e con un pizzico di soddisfazione arriviamo a quota 30 km! E qui ci assaporiamo una buona birra per reintegrare i liquidi persi!




























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TRANSLAGORAI


La TransLagorai è un lungo trekking che attraversa tutta la catena montuosa del Lagorai, situata in Trentino e più precisamente parte da Panarotta, sopra a Levico Terme, e termina al Passo Rolle, sopra a San Martino di Castrozza.
E’ un’ itinerario impegnativo che prevede un dislivello complessivo di circa 10000 metri e resta sempre sopra ai 2000 metri di quota.
Io insieme al mio compagno di avventure Tex, decidiamo di suddividere il percorso in 7 tappe, pernottando in due rifugi (Sette Selle e Cauriol) e in  quattro bivacchi.
Era da tempo che volevo intraprendere una attraversata ma non ero mai riuscito prima, ora l’opportunità c’era ed ero pronto ad incominciare questa avventura!
Credo che l’avventura inizi nel momento poco prima di effettuarla, quando sei a casa che organizzi a tavolino il percorso sulla cartina, e ti accingi a fare la lista di ciò che occorre e a pensare sull’organizzazione dello zaino.
Dopo aver rifatto lo zaino per ben cinque volte, cava e metti, cava e metti, e dopo aver ricontrollato che ci sia tutto, capisci allora che il momento si appresta ad iniziare.
Qui iniziano a sorgere tutte le perplessità che mai c’erano state prima, come se qualcuno avesse scoperchiato una botola che mai ti eri accorto che c’era. I punti interrogativi sono tanti…le previsioni meteo, il peso di tutti quei kg sulle spalle, il rischio di non trovare posto nei bivacchi, la forza fisica ed emotiva.
Ma questi dubbi ora non servono a niente dunque, punto la sveglia e spengo la luce e con loro anche i pensieri.

PRIMA TAPPA: Panarotta – Rifugio Sette Selle
Dopo essere arrivati a Levico Terme un bel po’ in ritardo rispetto al programma (causa traffico in autostrada!) ci dirigiamo verso il nostro punto di partenza, Panarotta.
Arrivati, il tempo non è dei migliori ma non ci scoraggiamo e partiamo con tanto entusiasmo anche se il peso dello zaino si fa subito sentire (14kg).
Attraversiamo dapprima un bosco e poi in maniera graduale saliamo e raggiungiamo tra le nubi il Monte Fravort. Incominciano i sali e scendi lungo i pratoni e da subito ci imbattiamo nei residui bellici della Prima Guerra Mondiale, con trincee, baracche e postazioni di guerra.
L’asperità del territorio si vede subito.
Incomincia anche a piovigginare e le nuvole si abbassano sempre di più, rendendo un po’ triste questo nostro inizio.
Il nostro cammino ci conduce al Monte Gronlait, poi saliamo e lungo i massi porfirici che attanagliano il sentiero arriviamo sopra al Lago Erdemolo e l’omonimo Rifugio che però è chiuso. Noi dobbiamo proseguire, la nostra meta è quasi vicina e dopo sei ore di cammino iniziamo a sentire una leggera stanchezza.


Lungo il sentiero incontriamo molti pastori con i loro greggi di pecore e subito mi viene da pensare come possa essere difficile lavorare in quegli ambienti severi. Penso sempre alla montagna quando è baciata dal sole, ma dimentico sempre il suo lato severo, fatta dall’asperità del territorio, dalle giornate buie e fredde. E’ una scelta di vita dura quella del pastore, ma se non ci fosse questa tipologia di attività, ovvero l’alpeggio, l’economia di montagna non andrebbe avanti.
Ora si scende, ma verso dove? Il nebbione offusca la nostra meta e non ci consente di guardare lontano.
Siamo stanchi e le spalle addoloranti…
Incominciano a comparire i primi alberi e questo i rincuora perché capisco che ci stiamo avvicinando al Rifugio, le nuvole si dissolvono e finalmente si intravede un tetto!
Da qui il  momento più eterno, non si arriva più, si continua a scendere, e preso dalla voglia di arrivare faccio passi troppo veloci e distesi. Ecco il ginocchio torna a farmi male! Noooo!!
Ultimi passi, ci siamo, arrivati!





SECONDA TAPPA: Rifugio Sette Selle – Bivacco A.N.A Telve ai Mangheneti
Dopo una bella dormita nella mansarda del bivacco, anche se svegliati dal rumore della pioggia ci alziamo e dopo aver fatto colazione ci incamminiamo per il secondo giorno. Oggi ci aspettano solo quattro ore e mezza.

Il tempo sembra schiarirsi. Si parte a rilento e il ginocchio non è perfetto.
Si sale subito fino al Passo dei Garofani e poi si scende al Passo Palù, si risale di nuovo verso Monte Conca e in tanto il cielo si rasserena.
Lungo il percorso osserviamo gli innumerevoli relitti della Grande Guerra e ci risale subito alla mente le migliaia di vite umane stroncate dalle baionette e dalle estreme condizioni cui erano sottoposti.
Il sentiero rimane in mezza costa, poi sale in cresta.
Arriviamo al Passo Mattio e mi accorgo di aver sbagliato sentiero ovvero dovevamo girare prima a 



 











destra al Passo Cagnon di Sopra con il 461. Non possiamo tornare indietro dunque ci tocca allungare il percorso di un’ora. Ogni tanto mi fermo per far riposare il ginocchio.
Non sembra mancare molto ma ogni tanto mi vengono delle fitte allucinanti al ginocchio. Qui il morale va a terra perché davanti ci sono ancora cinque giorni ed iniziano i dubbi con lo sconforto che sale.
Dopo aver oltrepassato il Passo Cadin, si sale ancora, e poi si incomincia a scendere e a costeggiare la Cima Bolenga. Da lontano vediamo il Bivacco Telve, non vedo l’ora di arrivare!


Il sole sopra di noi splende o quasi, arriviamo finalmente ai due bivacchi; uno molto grande e un altro di fianco più raccolto e scegliamo questo perché il calore della stufa si sarebbe disperso di meno. Pranziamo con le nostre adorate buste di risotto.
Stendiamo i panni da asciugare e ci riposiamo in attesa della sera. Il tempo sembra peggiorare e le nuvole si addensano.
Arrivano anche tre ragazzi veneti che si fermano a bivaccare nell’altra struttura. Ci scambiamo due parole e scopro che anche loro fanno la TransLagorai ma con le tende.



TERZA TAPPA: Bivacco Telve – Malga Cazzorga


La sveglia suona alle 7.00 e incuriositi dal tempo scorgiamo il naso di fuori…poteva essere meglio come poteva essere peggio!
Ci incamminiamo sul sentiero che dopo qualche sale e scendi ci porta dopo un’oretta al Passo Manghen, qui ci fermiamo al Ristorante/Bar e ne approfittiamo per mangiare una fetta di strudel e un bombardino per scaldare gli animi. Mi metto a guardare la cartina della Kompass e mi assale un dubbio perché noi dovremmo dormire al Baito/Ricovero delle Stellune ma mi accorgo che sotto al Lago omonimo c’è anche
una Malga denominata delle Stellune. Prima di partire mi ero informato con l’APT della Val di Fiemme per capire se il Baito/Ricovero fosse agibile per passare la notte, ricevendo una conferma positiva. Ma in quel momento mi assale il dubbio che non sia la Malga questo comporterebbe dei cambiamenti logistici perché si trovano in posizioni diverse. Allora proviamo ad informaci con il gestore del Bar che ci consiglia di scendere fino alla Malga Cazzorga che sapeva di sicuro che c’era una struttura adibita a bivacco.
Allora cambiamo percorso e cosi ci tocca perdere quota e scendere per poter passare la notte in un posto sicuro.
Riprendiamo il cammino, arriviamo al Lago delle Buse, il sentiero oggi ci lascia respirare e tranquillamente arriviamo alla Forcella Montalon. Qui le indicazioni ci dirigono in discesa verso la Malga Cazzorga. Entriamo nel bosco e poi sbuchiamo in un pratone dove notiamo la Malga. Di fianco alla Malga c’è anche un baito privato con due persone fuori e chiediamo dove sia il Bivacco, loro ci dicono che è dietro al loro baito. Ci spostiamo dietro, eccolo! Apriamo la porta e davanti a noi un vero bivacco spartano: una stanza a piano terra con stufa, panca e tavolo, di sopra la mansarda con la finestra ma senza finestra.
Proviamo ad accendere la stufa per mitigare l’ambiente e per un’ora il fumo più totale!!! Fortuna che dopo si dissolve.
Ci andiamo a lavare al fiume e anche qualche panno, poi rientriamo e ci cuciniamo una zuppa e risotto.
Di fianco alla malga c’è anche un porcile con 3 maiali che ci fanno compagnia (scappati dalla recinzione) e un cane.
Oggi abbiamo camminato di meno rispetto al programma stabilito quindi abbiamo molto tempo prima che si faccia sera, quindi non ci rimane che ammazzare il tempo o il maiale!
Sappiamo che domani ci attenderà una giornata dura fatta di 9 ore di cammino e quindi verso le 20.00 ci infiliamo dentro ai nostri sacchi a pelo, io sopra alla panca e Tex sopra al tavolo, che comodità!!


QUARTA TAPPA: Malga Cazzorga – Rifugio Cauriol
Oggi ci aspetta una dura e lunga escursione con circa nove ore di cammino e speriamo nel tempo!
Ci svegliamo alle 6.00 e ci prepariamo per affrontare la quarta tappa.
Si sale subito in direzione Lago delle Stellune e una volta arrivati inizia a piovere, ci fermiamo per metterci la giacca a vento e  i pantaloni antipioggia. Continuiamo a salire e le nuvole ci avvolgono sempre di più.
Arriviamo alla Forcella Moena, si sale ancora e poi si scende e si costeggia la parete, i nostri passi continuano ad alternarsi su grandi blocchi di porfido.
Ogni tanto sembra che le nuvole vogliano lasciare spazio al sole ma non è cosi!
Proseguiamo in moderata discesa su evidente sentiero, raggiungendo la Forcella di Lagorai, ma si riprende subito quota sempre fra enormi massi.
Il sentiero punta ad una accennata valletta che adduce ad un piccolo intaglio della cresta rocciosa nord-ovest del Monte Laste delle Sute. Da qui sono evidenti le prossime 2 ore di  attraversata in quota passando per forcelle e vallette rocciose fino alla C. Litegosa.
Entriamo in un paesaggio aspro e selvaggio, siamo addentrati nel vero cuore del Lagorai. Numerosi sono i laghi e gli specchi d’acqua che incontriamo lungo il percorso e che danno proprio alla catena il caratteristico nome dell’enorme presenza di questi.
Arriviamo alla Forcella Litegosa, si scende e poi risaliamo al Bivacco Nada Teatin, questo bivacco di emergenza incastonato tra la parete. Ci fermiamo per una breve sosta, abbiamo finito tutte le barrette e il tempo per un risotto non c’è, dunque decidiamo di fare uno scambio con gli alimenti presenti nella struttura lasciati da altri escursionisti. Vediamo delle scatolette di tonno e fagioli, cosi li scambiamo con delle nostre buste di risotti.
Siamo oltre la metà del percorso ma i dolori al ginocchio sinistro e al garretto destro si intensificano, solo una cosa ci permette di andare avanti…la birra al Rifugio!
Un sentiero interminabile...
Arriviamo finalmente al Passo Sadole e da qui inizia l’ultima ora di cammino su sentiero battuto, non più blocchi di porfido!
Dopo nove ore di cammino siamo veramente distrutti e da lontano intravediamo come sempre la punta del tetto e subito ci ritorna alla mente la birra.
Arrivati al rifugio e deposti gli zaini ordiniamo subito due birre medie per rinfrescarci e poi altre due per reintegrare il liquidi persi!
Qui rincontriamo i tre ragazzi veneti, ci uniamo, facciamo due chiacchiere e ceniamo insieme a tavola ordinando come se non ci fosse un domani.


QUINTA TAPPA: Rifugio Cauriol – Bivacco Coldosé
Dopo una bella pioggia notturna e con la speranza che abbia scaricato, ci alziamo, facciamo colazione e ci incamminiamo sotto le nuvole.
Intraprendiamo subito una ripida salita in mezzo al bosco che ci porta velocemente a quota 2000 metri e il sentiero ci conduce alla Forcella Canzanegol. Le nuvole aumentano e ci avvolgono completamente, intanto i

3 ragazzi veneti ci superano.
Sapendo che più avanti c’è il Bivacco Coldosé, propongo al mio amico di fermarci li per mangiare un boccone e scaldarci un po’. Come non detto poco dopo inizia ad alzarsi il vento e a piovere. Allunghiamo il passo e arriviamo al Bivacco. Neanche entrati, di fuori si scatena l’inferno, vento, pioggia e tuoni.
Il Bivacco di recente costruzione, è un super bivacco, tutto in legno, con la stufa, tavolo, panche, dieci posti letto ed è munito anche di elettricità grazie al pannello solare!
Ora siamo qui dentro e aspettiamo che si calmi un po’ o smetta. Mentre sto scrivendo queste memorie sul mio taccuino, sento bussare e corro subito ad aprire. Davanti a me un pastore che come noi cercava un riparo dall’intemperie che si stava scatenando fuori. Mi racconta che è con le sue pecore e i cani, poi si mette in silenzio, si immobilizza quasi per paura di far sentire la sua presenza. Dopo mezz’ora decide di ripartire e ci saluta.
Il tempo si sta schiarendo, fuori si placa la tempesta ma decidiamo di trascorrere la notte qui.
Appena le nuvole tendono a dissolversi, davanti a noi compare la splendida Cima D’Asta!

SESTA TAPPA: Bivacco Coldosé – Bivacco Aldo Moro
Oggi ci aspettano oltre alle quattro ore anche le due ore di ieri che ci avrebbero condotto al Bivacco Paolo e Nicola.
Il cielo sembra tenere, fuori vediamo in tutto il suo splendore la Cima D’Asta.
Risaliamo alla Forcella Coldosé e prendiamo il 349 verso la Forcella Moregna. Il tempo cambia subito e la speranza del bel tempo svanisce all’istante.
Si scende per poi risalire al Lago Brutto, questo splendido specchio d’acqua alpestre incastonato tra la Cima Moregna e Coltorondo; risaliamo lungo il sentiero detritico che poi sparisce tra il nevaio. Notiamo da lontano un segno su un masso, allora cerchiamo di tagliare il nevaio per ritornare sul percorso. Poco dopo arriviamo sulla forcella Moregna. Qui si alza il vento e incomincia una leggera pioggia ghiacciata.
Scendiamo e costeggiamo a mezza costa la Cima di Valmaggiore.
Il sentiero ci conduce al Bivacco Paolo e Nicola, entriamo e ci prepariamo un po’ di The caldo e un Ginseng.
Da qui a quattro ore di distanza ci sarebbe stato il nostro bivacco per la notte.
Il nostro cammino continua tra l’eterno nebbione e il pietrume del Lagorai; ora aggiriamo la Cima di Cece con eventuale possibilità di ascesa alla cima, ma tenendo conto del’ulteriore tempo aggiuntivo e la scarsa visibilità decidiamo che non ne vale la pena.
Tra grossi blocchi di porfido continua il viaggio, la fatica e il peso dei giorni passati incomincia a farsi sentire. E quando pensi che sei arrivato è li che comincia la parte più dura. Il continuo sali e scendi ci massacra le spalle e le ginocchia.
Costeggiamo la Cima Valbona e Vallon ed attraversiamo qualche nevaio ancora presente.
Ora saliamo e come d’un tratto spunta un puntino rosso…ecco la nostra scatola di latta! Il bivacco…
Sembra vicino ma ancora ci tocca fare dei continui sali e scendi su quei maledetti blocchi!
Le ginocchia sembrano non tenere più il peso del corpo, ogni alzata su un masso è pesante e lento. Ecco gli ultimi passi e arriviamo al Bivacco Aldo Moro.
Sapevo già cosa ci aspettava, infatti entro e subito mi arriva un odore di stantio. Dentro c’è un tavolo e 9 posti letto, tutto ridotto al minimo indispensabile.
Ci cambiamo gli indumenti bagnati, il freddo ci attanaglia soprattutto i piedi e di certo la comodità della struttura non aiuta. Prepariamo subito 3 buste di risotti!
Attendiamo che si faccia sera e ogni tanto scorgo fuori la testa per vedere se sono sparite le nuvole.
La luce cala e con lei anche la temperatura (dentro 11°C e fuori 4°C) non ci rimane che infilarci dentro ai sacchi a pelo e dormire.


SETTIMA TAPPA: Bivacco Aldo Moro – Passo Rolle
Sbuco con la testa fuori dal sacco a pelo, brrrr…che freddo e umido!
Via bisogna alzarsi! 3..2..1..sù!
Ci prepariamo e visto che abbiamo finito tutti i biscotti e le barrette non ci rimane che far colazione con una fantastica zuppa di legumi.
Zaino in spalla, ci incamminiamo per le ultime quattro ore che ci condurranno al termine di questa impresa al Passo Rolle.
Neanche dopo 10 minuti dalla partenza, le nuvole si addensano, e inizia un leggero nevischio. Questo nevischio aumenta fino a diventare una propria nevicata di ferragosto!
Dopo sei giorni di cammino siamo  allo stremo delle forze e ora tutta in discesa su quei blocchi di sasso che spaccano le gambe.
La stanchezza si fa sentire sempre di più, le scivolate e i cedimenti aumentano e sopra di noi i fiocchi continuano a cadere.
Tra il nebbione si intravedono laggiù i Laghi di Colbriccon. Si continua a scendere sul sentiero che diventa un ruscello d’acqua.
La neve non smette e con i piedi molli cerchiamo di tenere duro, il sentiero lascia i sassi del Lagorai e si infila nei pratoni.
Il corpo va avanti da solo…
Eccolo! Il Rifugio Colbriccon! Ci fermiamo per rifocillarci con un bel piatto di polenta, krauti, wurstel e carré affumicato…che bontà il cibo trentino!
Attendiamo che smetta e cosi ci rimettiamo in cammino verso l’ultimo tratto di percorso che attraversa tutto il bosco per sbucare  al Passo Rolle. Il bosco si apre e davanti a noi la strada provinciale del Passo Rolle, siamo arrivati!
Come d’incanto sbuca all’improvviso una palla gialla misteriosa in cielo…è il sole! E con lui ci illumina le bellissime Pale di San Martino con primo piano il Cimon della Pala.
Ce l’abbiamo fatta!
Camminiamo sull’asfalto e ci dirigiamo verso l’albergo/rifugio Capanna Cervino, dove pernottiamo e aspettiamo l’indomani per prendere gli autobus per tornare al punto di partenza.
Ci godiamo gli ultimi istanti ammirando l’incredibile bellezza di queste terre alte che si mostrano e poi si nascondono con le ultime nuvole di passaggio come se volessero attrarre verso di loro quella sorta di mistero.

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